Monumento all’archeologia industriale di Imperia di cui restano ora le tre ciminiere, e per l’appunto, «Palazzo Stecca», di proprietà del Demanio e gli ex uffici delle Ferriere. Storia di una fedele ricostruzione per la durabilità del Cemento Armato.

Business Unit: Project & Construction Management

Incarico dell’organizzazione, della gestione e della conduzione del cantiere inerente i lavori di Lavori di consolidamento, recupero e rifunzionalizzazione del cosiddetto primo modulo di «Palazzo Stecca», gli ex uffici delle storiche Ferriere alla foce del torrente Impero, una fonderia, fondata nel 1906 dalla società Siderurgica Ligure Occidentale, che produceva sia laminati (fino a 25.000 tonnellate l’anno) sia lingotti d’acciaio (50.000 tonnellate l’anno).

Committente:  MiBACT – Genova

Impresa: Com.Er SpA

Valore indicativo dell’opera: € 1.700.000,00

Anno di esecuzione: 2007-2012

SPM per l’impresa: Dott. Arch. Emilio Arnoldi (Direzione Tecnica) – Partner: Dott. Arch. Stefano Arnoldi (PM e Capo Cantiere) / altri membri del team e dell’impresa.

Palazzo Stecca

Nel 2000 a seguito dell’ordinanza sindacale di abbattere i capannoni perchè pericolanti, delle ex Ferriere sono rimasti 4 reperti storici: le tre ciminiere della fonderia e il lungo edificio sul torrente Impero.

La realizzazione del cosiddetto «Palazzo Stecca» risale al 1916, un edificio di circa 2600 metri quadrati su tre piani. In questa lunga e regolare palazzina si trovava la parte degli uffici e l’officina dell’industria siderurgica, accanto c’erano i capannoni. Aveva anche la funzione di collegare il complesso al territorio circostante.

Con l’intenzione di dare nuova vita all’archeologia industriale, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona ha avviato nel 2007 il 1° lotto Stralcio dei lavori di restauro, comprendente l’adeguamento funzionale ed impiantistico per ospitare in fase successiva un’Officina del mare per lo studio di animali e oggetti marini, in collaborazione con l’università di Genova.

Caratteristiche del progetto

Il progetto di recupero dell’edificio, di proprietà demaniale, prevedeva l’asportazione dei tamponamenti e il risanamento profondo delle strutture degradate, nonché il miglioramento del comportamento all’azione sismica, la demolizione dei solai e il rifacimento degli stessi di idoneo spessore e nuove opere in c.a (vani accessori e setti).

Per la parte architettonica venivano conservate ed enfatizzate le grandi aperture vetrate, grazie al disegno dei serramento che riprende l’esistente, utilizzando però materiali nuovi (non più leggo ma alluminio anodizzato).

I pilastri, sporgenti rispetto al filo esterno della muratura perimetrale, cadenzano le due facciate, grazie ad una fascia marcapiano che ne definisce orizzontalmente la riquadratura. Il cornicione sagomato, oltre ad essere l’unico elemento decorativo ha anche la funzione di canale di gronda, viene mantenuto nelle sue forme originali. Completano la facciata un parapetto non più da 40 cm ma da 1 metro e i due colori: pilastri e muratura.

Viene ridisegnato lo spazio interno per creare le scale, le zone distributive, i servizi e una grande area espositiva, un bar-ristorante lato mare. Anche internamente si è scelto di enfatizzare il pregio della struttura (ad eccezione dei bagni), lasciando travi longitudinali e trasversali a vista.

Completa l’opera la parte impiantistica di condizionamento, idrosanitario ed elettrico.

Ciclo di Vita del Cemento Armato

All’avvio del cantiere si procede alla demolizione dei tamponamenti esterni per mettere a nudo la struttura in c.a.

Il cemento armato, dopo quasi un secolo di vita, ha subito manifestato la nuova funzione, che col tempo avevano assunto i tamponamenti.

La struttura non garantiva la sicurezza per le maestranze e in termini di ciclo di vita la durabilità del materiale a resistere alle azioni atmosferiche, agli attacchi chimici o ad altri processi deteriorativi, avendo perso, nel tempo, le prestazioni iniziali. Trattandosi di una tecnologia tutto sommato recente, non ci sono ancora elementi per definire la durata precisa della sua vita. Si conoscono però quali sono i fattori che possono metterne a rischio l’integrità e la scoperta di una struttura degradata ne è un caso concreto.

Per degrado delle strutture in cemento armato si intende la “perdita delle prestazioni iniziali a seguito di eventi lenti correlati al ciclo di vita del materiale, al tempo che intercorre tra le varie manutenzioni e l’ambiente aggressivo per effetto di agenti naturali (gelo-disgelo, mare, ecc.) o artificiali (ambienti industriali)”. Non sono incluse errate previsioni progettuali, la perdita delle prestazioni meccaniche causata da eventi straordinari (terremoti, incendi, esplosioni, ecc.), o altri fattori esterni.

Si può solo prendere atto che il cemento armato non è un materiale eterno e non è naturale, ma semplicemente un conglomerato artificiale formato da cemento, sabbia, ghiaia e acqua miscelati nelle giuste proporzioni e che nel suo ciclo di vita il fenomeno del degrado del calcestruzzo avviene per effetto dell’interazione di diversi fattori capaci di ridurre in modo significativo l’azione di protezione che il calcestruzzo esercita sui ferri di armatura, rendendo così possibile la corrosione degli stessi con serio pericolo per la conservazione di tutto l’edificio.

Il fenomeno della Carbonatazione interessa indistintamente tutte le costruzioni in calcestruzzo armato dopo alcune decadi.

Solo una periodica analisi della struttura unita alla manutenzione preventiva può garantire una buona conservazione della struttura.

La variante

La necessità di garantire la sicurezza del cantiere e futura dell’edificio ha comportato la necessità della sua demolizione.

Per la ricostruzione si sono adottate tutte le moderne tecnologie, nel rispetto del disegno e delle caratteristiche costruttive di inizio 1900.

La maggior opera è stata la ricostruzione della carpenteria e il relativo puntellamento, anche per la distanza esigua dalla ciminiera.

Complesso e gravoso il getto del reticolo di travi travi longitudinali e trasversali che dovranno rimanere a vista, integrate in una fase con la soletta, unitamente alle scale.

Per motivi di criticità della vicina ciminiera ha comportato e anticipato la chiusura del progetto durante l’esecuzione dei tamponamenti.

L’interruzione nel 2010 degli interventi di rifacimento ha trasformato l’edificio in un rifugio per homeless su cui si è intervenuti con un intervento di bonifica e sanificazione nell’estate 2012.

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